La Virtual Reality alla prova della user experience.

Maggio 30, 2022 | di Alessio Cardelli

La Virtual Reality alla prova della user experience.

Il 2022 è l’anno della svolta e di un nuovo scenario digitale internazionale. Si inizia a parlare in modo importante di Metaverso; il termine NFT è ormai sulla bocca di tuttə e aziende ovunque nel mondo investono cifre da capogiro per entrare in queste realtà.

Oltre i nuovi sviluppi tecnologici, anche la tecnologia VR, ovvero Virtual Reality, sta progredendo e si sta diffondendo sempre più, complici il concetto di Metaverso e le scelte strategiche di alcune aziende che mirano a far girare questa tecnologia in modo rapido.

Sarà bene comunque considerare che la relazione tra Metaverso e VR, comunemente data per scontata, in realtà non lo è (ne parliamo nel podcast di Space in a Box per una puntata dedicata). Al netto di ciò, il diffondersi della tecnologia VR sta aprendo nuovi scenari anche per chi si occupa di progettazione.

 

Quali sono i device del futuro?

Per poter accedere alla Virtual Reality, che non è altro che una realtà alternativa e completamente immersiva dove fruire di contenuti, informazioni e giochi, sono necessari degli appositi device, chiamati visori, per l’immersione completa (HMD, head mounted display) che con due piccoli monitor proiettano direttamente nell’occhio immagini stereoscopiche.

Ne esistono due macro tipologie:

  • standalone, anche chiamati entry level, che necessitano del dispositivo e di uno strumento per la proiezione come uno smartphone (es. Google Cardboard);
  • connessi, con filo o senza, che richiedono una connessione ad Internet e/o un device per acquisire informazioni (es. Quest 2 di Meta; nel caso di Quest alcuni giochi funzionano anche in assenza di Internet).

Oltre il visore, ci sono i controller che permettono di interagire con i contenuti e gli oggetti. Talvolta possono essere sostituiti direttamente dalle mani, proprio come nei film di Iron man o Mission impossible!

Altri dispositivi, più o meno innovativi, sono quelli con telecamere che permettono di visualizzare e tracciare i movimenti del corpo o di camminare in modo fisico nella VR, senza però spostarsi (Virtuix Omni).

Le differenze con i device classici come uno smartphone o un tablet/monitor riguardano lo spazio e le modalità di interazione.

Sui device classici si ha a disposizione uno spazio limitato in cui fruire dei contenuti, immerso nel contesto. Guardando uno schermo, si noterà che per il 90% si vedono cose poste al di fuori. In questo caso l’interazione avviene tramite una UI che è dentro lo schermo.

Nel caso di un’esperienza in VR si è invece immersi a 360° in un contesto simulato. Per interagire, si possono inoltre usare le mani, che, grazie ai controller, permettono di toccare, muoversi, scrivere, salutare, ecc. 

Un nuovo modo di progettare, dunque, che coinvolge tutti i sensi.

La Virtual Reality alla prova della user experience.


Progettare per i 5 sensi.

La sfida progettuale è, in primis, comprendere ed elaborare due macro elementi: i sensi e la fisica.

Partiamo dalla fisica, che è l’aspetto più semplice e divertente. Considerando che si sta simulando un mondo alternativo (ma spesso reale), esistono cose come la gravità e in generale la presenza fisica degli oggetti che va rispettata nel limite di quello che si vuole rappresentare.

Oggi, quando si progetta un’interfaccia per un dispositivo classico, non si deve tener conto della gravità o della fisica degli oggetti, già presenti nell’ambiente circostante. In un mondo completamente immersivo, invece, sono aspetti importanti da definire, rispettare e rappresentare. Se ad esempio prendo un gessetto per scrivere su una lavagna e lo lascio cadere, questo effettivamente finisce a terra.

Il che comporta un ritorno alle origini, quando per i primi device classici si progettavano le UI con quello che veniva chiamato scheumorfismo. Vale a dire gli oggetti con i quali si interagisce sul dispositivo, come un bottone, hanno una grafica e una fattezza simile alla realtà.

Parlando dei cinque sensi, invece, il paradigma cambia. Non si progetta più infatti solo per la vista ma, tecnicamente, per tutti i sensi, ad eccezione di gusto e olfatto, almeno per il momento…

Ecco cosa cambia, quindi, nel progettare per la VR.

  • La vista: occorre tenere conto del campo visivo, della distanza degli oggetti, della loro posizione nello spazio perché siano fruibili. Un testo, ad esempio, deve essere in posizione comoda per essere letto.
  • Il tatto: avendo in mano dei controller in grado di vibrare, si possono dare feedback di tocco che sono l’equivalente di un hover di un dispositivo classico.
  • L’udito: è possibile progettare suoni di tipo spaziale a 360°. Per farlo, bisogna poter riconoscere se qualcosa sta accadendo davanti, di fianco o dietro, vicino o lontano, proprio come nella realtà.

C’è poi un altro aspetto fondamentale da tenere in considerazione: il movimento. Ma come ci si muove nella VR?

 

Muoversi nella VR e la Motion Sickness.

Per trattare quest’ultimo aspetto voglio far riferimento a un’esperienza personale. Soffro di mal d’auto e ci sono alcuni giochi o esperienze in VR che non riesco a sostenere. 

Muoversi nella VR, ad oggi, è possibile principalmente in due modalità:

  • attraverso un movimento fluido, ad esempio con le levette poste sul controller nelle mani;
  • attraverso un movimento a balzelli, un po’ come se ci si muovesse su Google Maps nella versione di street view.

La prima modalità è quella che provoca in molte persone, compreso il sottoscritto, ciò che viene chiamato motion sickeness. Il cervello riceve l’informazione che ci si sta spostando perché, con gli occhi, effettivamente lo si sta facendo, ma il centro dell’equilibrio no: il che crea confusione e genera nausea, proprio come il mal d’auto. Si tratta di qualcosa da conoscere, da comprendere e che sicuramente, in termini tecnologici, qualche azienda riuscirà in futuro ad evitare con soluzioni ad hoc. Se alcune persone si sentono male usando una tecnologia, questa non potrà certo spopolare

La seconda è la modalità che la stessa Oculus definisce confortevole.

La Virtual Reality alla prova della user experience.


La Virtual Reality, una grande opportunità per designer e aziende. 

Mi piace concludere questo mio articolo con un messaggio positivo verso queste nuove tecnologie, come appunto la VR. Ci sarà chi pensa sia una bolla, chi pensa invece sia il futuro, e chi non ha interesse per il tema.

A prescindere dalle singole opinioni, chi si occupa di design – e, in generale, di digitale – e chi ha un business digitale deve assolutamente provare, usare e comprendere questa nuova tecnologia.

Si tratta infatti di strumenti che potrebbero rappresentare presto grandi opportunità. Meglio allora approfittarne per primə!

Se ti occupi di design, questo è un link a un interessante repository di contenuti per la UX destinati alla progettazione per la VR: https://www.uxofvr.com/

Se invece hai un business digitale e vuoi esplorare questi temi per la tua azienda, contattaci; saremo lietə di approfondire la tua realtà e scoprire le opportunità rappresentate dal Metaverso e dalla Virtual Reality.

 

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Alessio Cardelli, Designer, direttore della Division di Product Design e COO di Baasbox. Lego addicted, è appassionato di tecnologia, serie fantasy e cucina homemade.

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